Appunti sulla storia del tatuaggio giapponese tra il 1800 e il 1900

Nell’ultima secolo del periodo Edo, che duro’ fino al 1868, il giappone inizio’ una complessa trasformazione del proprio assetto sociale. In particolare si inizio’ a sviluppare una societa’ mercantile con velleita’ di autoaffermazione e soldi da spendere. Da un punto di vista strettamente materiale questo getto’ le basi per la creazione di nuove forme artistiche slegate dal sentire e dai voleri aristocratici. In questo periodo in particolare fiorisce l’ukiyo-e, un genere inizialmente sopratutto letterario caratterizzato da ambientazioni e tematiche decisamente piu’ popolari della tradizionale letteratura giapponese.
Questa nuova letteratura vede la propria genesi con un testo di Ihara Saikaku, un commerciante di Osaka. Il titolo dell’opera tradotto e’ “L’uomo che consumo la propria vita nell’amore”. Il protagonista del romanzo e’ un libertino, e la trama si dipana tra un’avventura erotica e l’altra.
Questi libri erano di solito illustrati, ed in questo periodo nasce infatti l’imponente produzione di shunga, disegni erotici giapponesi, alla quale quasi nessun artista di quegli anni si esime dal partecipare con qualche opera.

In questo contesto gia’ nel 1800 uno scrittore Kyokutei Bakin, insieme ad un celebre artista Katsushika Hokusai (quello della grande onda e delle vedute del Fuji per indersi) pubblicano un libro che sara’ fondamentale per l’evoluzione del tatuaggio giapponese: il sukoiden. Non si tratta di un’opera particolarmente raffinata, ma di un romanzo popolare, trasposizione del “Shui-hu chuan” cinese, la storia di 108 briganti, eroi picareschi, raddrizzatori di torti, difensori dei deboli, nemici dell’autorita’ corrotta. In occidente potrebbe essere paragonato a qualcosa di simile alla ballata di Robin Hood. I 108 malfattori si ritirano nelle foreste e si organizzano in una comunita’ chiusa, con un ferreo codice d’onore, e tra uno scontro con funzionari corrotti, esercito imperiale, esseri mitologici e forze della natura, non disdegnano ubriacature e avventure amorose. I 108 briganti sono insomma degli eroi popolani, non aristocratici. Sono rappresentati in modo che siano i ceti medio-bassi ad identificarsi con loro, non certo i nobili. In cina il romanzo non doveva essere privo di implicazioni sociali, dato che i funzionari sopresi a leggerlo veniva sospesi dal servizio.
Hokusai illustro’ i primi sessanta volumi di quest’opera, gli altri furono lasciati ad un suo allievo.
Alcuni eroi rappresentati da Hokusai erano abbelliti da tatuaggi in diverse parti del corpo.
L’opera ebbe talmente successo che molti altri artisti lavorano a stampe rappresentati i 108 briganti, in particolare Utagawa Kuniyoshi, riusci’ ad imporre il proprio stile ed estese il numero di eroi rappresentati con dei tatuaggi addosso, da quattro a una ventina.
Il quel periodo infatti complice la diffusione del suikoden il tatuaggio inizio’ a rappresentare per alcuni ceti sociali un sinonimo di coraggio, quasi baldanza, un segno distintivo delle proprie qualita’ morali. Qualita’ che pero’ non si basavano sull’esempio del codice del samurai o dell’etichetta ferrea del nobile di corte. Ma piuttosto sul sudore, su un certo modo di approcciarsi all’esistenza, piu’ vicino alle tradizioni popolari, che non all’aristocrazia. Il tatuaggio si diffuse molto tra i lavoratori di fatica e le prostitute. Di fatto divennne quello che oggi definiremmo uno stile, qualcosa oltre la semplice moda, ma caretterizzato da un estitica, un gusto ben precisi.
In particolare in tutte le storie del tatuaggio giapponese si parla delle composizioni che adornavano i corpi di quelli che oggi sarebbero chiamati i vigili del fuoco. Spegnere gli incendi era allora un mestiere ritenuto molto pericoloso, le case erano di legno ed il fuoco si propagava facilmente, chi praticava questo mestiere era considerato una persona coraggiosa. Il drago e’ insieme un animale mitologico che domina le fiamme, ma anche che le spegne, poiche’ si situa nella tradizione orientale tra gli animali d’acqua. Ed ecco che sui corpi di questi strani antenati dei vigili del fuoco appaiono dragoni e fiamme, onde e nubi in tempesta.
Nell’epoca successiva, sotto il dominio dei Tokugawa, il tatuaggio fu proibito, per questo sebbene copra tradizionalmente gran parte del corpo, inizio’ ad essere celato sotto le vesti ed assunse quella caratteristica forma “a vestitino”, con il quale si identifica il tatuaggio giapponese. La pratica del tatuaggio in qualche modo si clandestinizzo’ e quest’arte sopravvisse sostanzialmente per passa parola.
Il rapporto tra yakuza, criminalita’ organizzata giapponese, e il tatuaggio, nasce piu’ o meno in questo periodo. Esisteva in giappone l’usanza di marchiare con dei tatuaggi in faccia alcuni particolare tipi di criminali. Ma il tatuaggio ispirato alle stampe dell’ukiyo-e non ha rapporti con questa consetudine. Gli yakuza iniziarono a tatuarsi per una questione che potremmo definire di “street credibility”, di reputazione da strada. Abbiamo visto come gli amanti dei tatuaggi, fossero sopratutto alcune categorie di lavoratori, molte delle quali particolarmente rispettate dalla gente comune, dotate di una certa credibilita’, guadagnata sul campo. Gli yakuza erano alla ricerca di questo tipo di reputazione, e fecero propria questa tradizione, anche senza capirci molto, privilegiando spesso la quantita’ alla qualita’.

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